Melito è un’importante cittadina dell’area grecanica, conta circa 11000 abitanti e il suo territorio degrada dalle pendici dell’ Aspromonte (che significa “candido, bianco” )fino al mare Jonio. La prima parte del nome, probabilmente di origine bizantina, si vuole collegata con la produzione del miele, ancora diffusa nella località; la seconda deriva da un approdo vicino al quale sorse , sin dall’alto Medioevo, un santuario in cui si conserva un’icona bizantina assai venerata nella provincia ( Madonna di Porto Salvo).
Melito fu sino alla fine del secolo XVIII dipendenza della bizantina Pentedattilo e dopo il terremoto del 1783, sostituì anche amministrativamente il semidistrutto borgo per poi essere in parte ricostruita dopo il terremoto del 1908. Variegati sono i paesaggi che vanno da un territorio con caratteristiche collinari (mandorli, uliveti, fichi d’india e la splendida ginestra), a un mare azzurro e limpido con spiagge sabbiose, e le coste piene di agrumeti (risorsa principale, infatti, è la coltura del bergamotto), con il caratteristico odore della zagara, e le bianche fiumare. Nel contesto della storia nazionale Melito è ricordata soprattutto per i due sbarchi garibaldini del 1860 e del 1862. Per ricordare questi due eventi è stato realizzato la Tomba-Mausoleo Garibaldino sulla spiaggia di Rumbolo. Inoltre in località Annà si può visitare la Casina dei Mille che ospitò il generale nella notte del 19 agosto 1860, e sulla cui facciata è visibile la palla di cannone borbonico conficcatasi nella struttura muraria. A 7 km da Melito, verso l’interno sorge l’antico borgo di Pentedattilo (pente-dactylos = cinque dita) che prende il nome dalla roccia che lo sovrasta che ha proprio la forma di una grande mano ciclopica. Di Pentedattilo si hanno notizie sin dal 640 A.C. quando fu fondato dai Calcidesi e da quel periodo, divenne un centro alquanto fiorente fino al periodo romano, per poi subire un periodo di decadenza, durante il periodo bizantino, dovuto alle continue incursioni saracene.
Considerato come uno tra i più pittoreschi e caratteristici centri della Calabria, Pentedattilo è denominato dai ruderi del Castello, dove, nella lontana notte di Pasqua del 1686, si consumò la cosiddetta Strage degli Alberti. Il Barone di Montebello Bernardino Abenavoli, furiosamente innamorato della Marchesina Antonietta Alberti, sorella di Lorenzo signore di Pentedattilo, dopo aver saputo del fidanzamento di lei col figlio del Vicerè di Spagna, perde il lume della ragione e organizza una squadra di “bravacci”, compra la complicità del servitore Scrufari che, la notte del 16 aprile 1686, apre le porte alla squadra punitiva. Ne segue una strage terribile: Bernardino rapisce Antonietta e, qualche giorno dopo la sposa, ma deve fuggire dalla squadra armata inviata da Reggio, I componenti della spedizione vengono tutti arrestati e decapitati, il matrimonio reso nullo. Le teste degli assassini restano a lungo esposte sui merli del castello, Bernardino non tornerà mai più e morirà in combattimento. La strage degli Alberti nel corso dei secoli ha dato origini a varie leggende e dicerie. Una di queste afferma che le torri in pietra che sovrastano il paese rappresentano le dita insanguinate della mano del barone Abenavoli ( per questo motivo Pentedattilo è stata più volte indicata come “la mano del diavolo”). Dopo un periodo di abbandono, oggi Pentedattilo rivive una nuova primavera, E’ possibile visitare le Chiese dei SS. Pietro e Paolo (con annessa la Tomba del Marchese Alberti), e della Candelora. Il crescente turismo collegato a queste zone ha fatto sorgere diversi Bed and Breakfast a Melito di Porto Salvo e in tutta l’area.